Non l’ha toccata piano lo ‘zio’ Michele Limongi, pesantissimo nella sua analisi sulle WSOP 2017. Per l’ex pro, che da qualche tempo si è trasferito in Thailandia, gli azzurri sono stati quasi tutti disastrosi.
Non l’ha toccata piano lo ‘zio’ Michele Limongi, pesantissimo nella sua analisi sulle WSOP 2017. Per l’ex pro, che da qualche tempo si è trasferito in Thailandia, gli azzurri sono stati quasi tutti disastrosi.
Non l’ha toccata piano lo ‘zio’ Michele Limongi, pesantissimo nella sua analisi sulle WSOP 2017. Per l’ex pro, che da qualche tempo si è trasferito in Thailandia, gli azzurri sono stati quasi tutti disastrosi.
Tempo di bilanci per le World Series of Poker 2017 di Las Vegas, almeno per quanto riguarda gli italiani. Nessuno dei nostri è infatti riuscito ad arrivare al Final Table dell’unico torneo ancora in gioco, lo straordinario Main Event da 10.000 dollari di buy in e da oltre 67 milioni di dollari di montepremi totale (7.221 iscritti).
E così, con la conferma dei ‘zero’ braccialetti, non resta che analizzare un’edizione obiettivamente negativa per i nostri colori. Per farlo ci siamo affidati alla grande saggezza dello ‘zio’ Michele Limongi, che da Phuket ha parlato, come sempre senza peli sulla lingua, di una spedizione azzurra disastrosa, tranne che per qualche eccezione:
“Secondo il mio modestissimo parere le WSOP 2017, praticamente appena terminate, sono state per i giocatori italiani a dir poco disastrose, tranne per le dovute eccezioni. Vorrei analizzare le ragioni, tenendo presente che mi riferisco solo alle World Series of Poker che, come tutti sapete, sono la manifestazione pokeristica di gran lunga più importante.
La prima ragione è che i sedicenti PPP che si presentano a Las Vegas devono confrontarsi con i giocatori più forti al mondo nella disciplina del Texas Hond’em e ‘snobbando’ le varianti hanno pochissime possibilità di uscirne vincenti. Le varianti danno molte più possibilità di difendersi in quanto il numero di partecipanti è molto inferiore a quello dei tornei di texas hold’em.
Se analizziamo la figura del campione a livello internazionale, ci rendiamo conto che è un giocatore completo che gioca tutte o quasi le varianti del poker ottenendo molti più risultati degli italiani. In questo senso se esaminiamo la classifica dei primi dieci player al mondo ci rendiamo contro che sono tutti dei variantisti.
In Italia tranne Max Pescatori, Dario Alioto (che attualmente si dedica esclusivamente al cash mixed game), Alessio Isaia ed il sottoscritto (in pensione), non ci sono altri variantisti che giocano le WSOP. La dimostrazione di quello che dico sono i braccialetti ed i tavoli finali. Pescatori 4 braccialetti di cui 3 in varianti, Alioto 1 nel Pot Limit Omaha, Minieri 1 nel No Limit Hold’em, Palumbo 1 nel No Limit Hold’em, Suriano 1 nel No Limit Hold’em.
Il conteggio è di 4 nelle varianti e 4 nel No Limit Hold’em, se si considera il denaro profuso dal 2008 ad oggi alle WSOP c’è stato un investimento del 10% nella varianti e del 90% nel texas hold’em ma con risultati alla pari. Altra dimostrazione sono giocatori tipo Walter Treccarichi e Dario Sammartino che non appena hanno toccato le varianti hanno ottenuto risultati ragguardevoli alle WSOP.
Poi ci sono i fuoriclasse come Mustapha Kanit e Sergio Castelluccio che riescono ad avere un bilancio sempre positivo pur giocando solo Hold’em, ma ripeto… sono fuoriclasse. Morale della favola? Un vero giocatore deve conoscere tutte le discipline. Non mi meraviglierei se giocatori come Carlo Braccini prima o poi vincessero un braccialetto WSOP!”
Da anni sono appassionato di poker sia live che online e mi diverto a scrivere di texas hold’em. Mi piace viaggiare, leggere e giocare a calcio.